Per chiudere Settembre (sembra ieri che è iniziato!!) con una ricetta a tema, ho deciso di pubblicare la mia prima marmelata homemade. Non ho mai sentito la necessità di prepararla in casa perchè ho sempre avuto poco tempo e poco interesse per le conserve. 
Un giorno mio papà notò che l’albero in giardino pieno di “bacche” era in realtà un albero di giuggiole ed io, inconsapevole del “tesoro” che avevo fra le mani, l’ho ignorato per anni finchè qualche giorno fa, dopo sua insistenza, ho deciso di assaggiarle e prepararci una marmellata. Non sapevo che fossero rare da trovare, molto costose ed ambite. Ho di punto in bianco compreso come mai, da quando mi sono trasferita in questa casa, ci fosse un via vai di sconosciuti sotto quei rami che uscivano dal cancello. Da laureata in giurisprudenza so bene che tutto ciò che esce dalla proprietà e finisce sul suolo pubblico è alla portata di tutti, ma, a mio parere, l’educazione dovrebbe almeno spingere a chiedere il permesso. Ieri, mi hanno addirittura suonato per chiedermi il permesso di raccoglierne un pò e portarle alla moglie incinta:)
Sapereesapori.it parla del giuggiolo dicendo che:
Venne introdotto in Cina e in India, dove viene coltivato da oltre 4000 anni. In Italia venne importato dai Romani. Se colto quando non ancora maturo (ossia quando presenta un colore verde uniforme), il frutto del giuggiolo, la giuggiola, ha un sapore non dissimile da quello di una mela. Con il procedere della maturazione tuttavia, il colore si scurisce, la superficie si fa rugosa e il sapore diviene via via più dolce, fino ad assomigliare a quello di un dattero. Le giuggiole si consumano sia fresche, appena colte dall’albero, sia quando sono leggermente raggrinzite. C’è un solo nocciolo all’interno del frutto, simile a quello di un’oliva, che nella cucina persiana è noto come annab. Secondo gli scritti di Erodoto, le giuggiole potevano essere usate, dopo aver fermentato, per produrre un vino, le cui più antiche preparazioni risalgono a Egizi e Fenici.

Molto famoso è il liquore chiamato “brodo di giuggiole”. Il suo sapore è così dolce e buono da dare vita al modo di dire “essere in un brodo di giuggiole” che vuol dire essere felice e appagato. Questa espressione venne riportata già nel 1612 nel Vocabolario degli accademici della Crusca e il suo significato era inteso come “godere di molto di chicchessia”.
Detto questo, 750 gr di giuggiole dopo, due ore di lavoro e un braccio devastato dal movimento col passino per eliminare bucce e semini vari, ho ottenuto il mio micro barattolo di marmellata. 
La soddisfazione alla fine è tanta, vedere questa cremina ambrata così preziosa e buona vale il tempo necessario per prepararla.
Il sapore è molto simile a quello di una marmellata di mele, ma un pò diverso mentre il colore è un pò più scuro.
Consiglio: non pensate nemmeno lontanamente di denocciolare le giuggiole una ad una senza un attrezzo adeguato (quello per le ciliegie) e rimanere sani di mente. Quindi, a meno che non abbiate una pazienza infinita o dei volontari disposti ad impazzire insieme a voi, vi suggerisco di utilizzarlo:)

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Marmellata di giuggiole
La marmellata di giuggiole è un classico autunnale che riscalda il cuore preparandolo ai periodi freddi. Profuma di mele, ma anche di molto altro e non è troppo dolce. La ricetta per preparare questa marmellata è semplice e veloce!
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Tempo di preparazione 60 minuti
Tempo di cottura 60 minuti
Porzioni
vasetto
Ingredienti
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Istruzioni
  1. Denocciolare le giuggiole una ad una. Tre ore dopo...(scherzo :)). Versarle in una pentola antiaderente con tutti gli altri ingredienti e lasciar cuocere, a fuoco moderato, finchè non saranno morbide;
  2. Spegnere il fuoco e lasciar raffreddare. Se vedrete che il composto si sarà indurito troppo, aggiungere un bicchiere d'acqua, riaccendere il fuoco, lasciar amalgamare il liquido aggiunto e poi lasciar raffreddare. E' importante che da fredda la marmellata sia morbida; 
  3. Passare il composto al setaccio armandovi di molta pazienza e poi la marmellata è pronta!